Fioriture e ripresa vegetativa anticipata nelle piante arboree. Ecco come le anomalie termo-pluviometriche influenzano il settore agricolo

Torna Agrimeteo24, la rubrica dedicata allo stretto rapporto tra meteorologia, climatologia e agricoltura a cura di Lorenzo Piacenti di Meteo Siena 24. Oggi parliamo delle conseguenze delle anomalie termo-pluviometriche del trimestre invernale 2019-2020 sul settore agricolo e sulle piante arboree più coltivate nelle nostre zone.

Condizioni iniziali e previsioni


Prima di descrivere il quadro previsionale, occorre specificare che le previsioni stagionali sono ancora di tipo sperimentale e non offrono quindi la stessa affidabilità di proiezioni a breve-medio termine. Queste infatti si basano sullo stato degli indici climatici e di teleconnessione in tempo reale, sul loro andamento pregresso e sulla probabile evoluzione.

Analizzando il bollettino stagionale emesso a fine novembre 2019, dal Consorzio Regionale Toscano del LaMMA, si nota un certo sbilanciamento dei molti centri calcolo matematici (ECMWF, GFS, CFS) nella previsione di un trimestre invernale rappresentato da un’anomalia termica positiva e da un’anomalia precipitativa negativa  (Tab.1).

Tab. 1 – Previsioni stagionali del 26 novembre 2019 elaborate dai vari centri di previsione mondiali e dal Consorzio LaMMA. Fonte report LaMMA


Il Centro LaMMA specificava la presenza di un forte Vortice Polare Stratosferico. Questo quando è forte influisce a livello della circolazione generale del nostro emisfero e nella maggior parte dei casi porta alla prevalenza di un indice NAO (North Atlantic Oscillation) positivo.

L’indice NAO positivo favorisce, alle nostre latitudini, un tempo caratterizzato da campi di alta pressione persistenti e di conseguenza anomalie termiche positive e anomalie precipitative negative.

Ricapitolando: NAO+ -> clima più caldo e più secco della norma sull’Italia.

Veniva poi specificato che queste anomalie pluviometriche, nella prima parte di dicembre, avrebbero dovuto essere limitate a causa di un flusso zonale ancora basso favorevole al passaggio di perturbazioni.

Dati osservati a Siena

Per un’analisi più completa sull’inverno appena terminato, a Siena, rimandiamo a questo nostro articolo. Brevemente, prendendo a riferimento la stazione meteorologica del Liceo G.Galilei : a dicembre 2019 si registra una temperatura media mensile di 8.6 °C, a fronte di una media storica di 6.9 °C. L’anomalia è di +1,7°C. A gennaio 2020 registrata una media di 7.3 °C, per un’anomalia + 1,4 °C rispetto alla norma. A febbraio 2020, infine, i 9.5 °C, segnano un’anomalia positiva di ben + 3,1 °C.

Nel complesso l’inverno tocca un’anomalia positiva di + 1.9 °C.

Per quanto riguarda le piogge queste hanno registrato un’anomalia trimestrale negativa ma contenuta a – 33.4 mm contro una media trimestrale storica di 187.6 mm (Grafico 1); anomalia quantomeno sopportabile a livello agricolo date le abbondanti piogge di novembre 2019.

Grafico 2 – Precipitazioni registrate dalla stazione la stazione meteorologica di Siena dell’Associazione Meteorologica Senese sita al “Liceo Scientifico Galileo Galilei”, precipitazioni medie trentennio 1980-2010 e anomalie del trimestre invernale 2019-2020.

Conclusioni


Le previsioni stagionali su scala europea realizzate dai maggiori centri di calcolo matematici-previsionali e su scala regionale elaborati dal LaMMA sono state pienamente rispettate soprattutto a livello termico, con tutti i tre mesi invernali che hanno fatto registrare un’anomalia termica positiva, annessa a un’anomalia precipitativa leggermente negativa.

Tutto ciò ha portato a un anticipo generale della ripresa, sia a livello radicale che vegetativo delle piante, con conseguente anticipo delle fasi fenologiche rispetto alla stagione che sul calendario astronomico corrisponde tutt’ora (11 marzo ndr) all’inverno.
Queste anomalie possono incidere sul decorso del ciclo produttivo, che negli ultimi anni si sta sempre più accorciando a causa del riscaldamento globale, e sulla relativa produzione annuale.

Influenza delle anomalie termiche sulle piante arboree


Uno dei primi segni visivi più comuni dell’avvento della primavera è la fioritura delle mimose
Quante volte abbiamo sentito dire da un amico “Ho visto una mimosa già fiorita !”, infatti la fioritura di questa pianta, che mediamente avveniva tra i primi di marzo, è spesso correlata  al passaggio alle temperature primaverili più miti. Quest’anno già all’inizio di febbraio si osservava la fioritura di molte mimose, segno e conferma della costante anomalia termica positiva registrata quest’inverno (fig. 1).

Fig. 1 – Mimosa fiorita nell’interno toscano. Foto scattata a inizio febbraio, il 04-02-2020.

Entrando nello specifico del settore agricolo, tra le piante arboree fruttifere comuni il mandorlo spesso è il primo che vediamo fiorito a cui seguono in ordine susino, albicocco, pesco, ciliegio, pero e melo, a seconda poi anche delle relative varietà. Anche le fruttifere quest’anno si sono dimostrate in netto anticipo nella fioritura.

Ma perché si parla di fioritura anticipata?

Perché le prime gemme dormienti a schiudersi in queste piante sono “gemme a fiore” e “gemme miste”, che nel primo caso contengono solamente fiori (nelle drupacee come mandorlo, susino, pesco, albicocco (fig. 2) e nel secondo i fiori sono contornati da una rosetta di foglie (melo e pero).

Fig. 2 Fiori di susino. Foto scattata a fine febbraio
Fig. 2 – Alcuni fiori di pesco, i cui petali risultano visivamente influenzati da condizioni meteorologiche ancora non ideali al loro sviluppo

Mentre le gemme a legno schiudono leggermente in ritardo rispetto alle prime. Tuttavia con un inverno caratterizzato da temperature costantemente al di sopra della media può accadere che si realizzi il mancato soddisfacimento del “fabbisogno in freddo” indispensabile per la rimozione della quiescenza invernale delle gemme.
Questo fatto può portare a diverse conseguenze negative quali un germogliamento delle gemme a legno laterali più tardivo, scarso e con avvantaggiamento delle apicali, oltre alla possibilità di caduta dei fiori e relativa scarsa produzione nell’anno.

Anche per quel che riguarda la vite, pianta molto più diffusa nel nostro territorio, si è notato un anticipo nella fase fenologica di sviluppo della “gemma cotonosa”, già osservabile il 20 di febbraio soprattutto nei punti più esposti alla radiazione solare (riferendosi al Sangiovese) (fig. 3).

Fig. 3 – Stadio fenologico gemma cotonosa su di uno sperone di Sangiovese. Vigneto al 5° anno di età. Foto scattata il 22-02-2020

Proprio in questi giorni si è raggiunta la fase fenologica di “punta verde” (fig. 4).

Fig. 4 – Stadio fenologico punta verde su di uno sperone di Sangiovese. Vigneto al 5° anno di età. Foto scattata il 06-03-2020

Chi però lavora tutti i giorni nel vigneto sa anche che c’è una fase precedente a quella relativa all’ingrossamento della gemma, ovvero quella del “pianto della vite”.
Il pianto della vite consiste nella perdita di linfa xilematica dalla sezione del tralcio al momento della potatura a causa della pressione linfatica positiva provocata a sua volta dal richiamo di acqua da parte dei composti zuccherini derivanti dalla scomposizione dell’amido. Questa fase di pianto nelle giornate più soleggiate si è osservata già intorno all’inizio di febbraio (fig. 5).
La fase del pianto coincide con la riattivazione dell’apparato radicale che appunto consente l’assorbimento di acqua e il realizzarsi di questo fenomeno.

Fig. 5 – Fase del pianto della vite su vigneto di Sangiovese subito dopo la potatura. Foto Scattata il 04-02-2020

Viene spontaneo quindi dire che, a parità di condizioni meteorologiche successive al trimestre invernale, l’anticipo nella ripresa vegetativa porta all’allungamento del periodo di esposizione alle gelate degli organi più sensibili della pianta (germogli erbacei).

Potature più tardive per limitare i danni

Una strategia per ridurre questo rischio consiste nell’effettuare una potatura più tardiva che tende a ritardare di alcuni giorni il germogliamento e il rispettivo stimolo a vegetare della pianta (massimo 7-10 gg).

Un’anomalia termica positiva invernale porta anche ad un’altra conseguenza, anche se questa meno visibile ai nostri occhi, ovvero una maggior attività microbiologica a livello del suolo con più veloci processi di degradazione e umificazione della sostanza organica.
Inoltre anche i batteri nitrificanti accelerano la loro attività e sono favoriti da temperature più alte e quindi potremmo ipotizzare una maggior disponibilità di composti azotati assimilabili rispetto a un periodo in media o più freddo.
Fenomeni rapportati comunque ad una temperatura che seppur sopra la media del periodo non è quella ottimale chiaramente, ma che comunque consente l’accelerazione dei processi microbiologici.

Questa anticipazione della ripresa vegeto-radicale è denunciata con preoccupazione anche dalle diverse associazioni di categoria, soprattutto per le possibili gelate tardive, che possono incidere gravemente sulla produzione agricola, andando a provocare la lessatura di organi sensibili al freddo come fiori e germogli (fig.6)


Fig. 6 – Articolo di denuncia del rischio gelate a causa del risveglio anticipato delle piante.

 

Le foto riportate nell’articolo sono state scattate a circa 400 m di altitudine all’interno del territorio della Toscana centrale.

Articolo a cura di Lorenzo Piacenti, Dottore laureato in Scienze Agrarie – UniFi

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