Parliamo oggi di una delle più importanti proprietà fisiche del suolo, la porosità.
A livello agronomico la porosità è fondamentale per definire, insieme alle altre proprietà fisiche, chimiche e biologiche, la fertilità di un terreno. Il terreno può essere definito anche come una massa incoerente di particelle solide (sabbia, limo e argilla) che lasciano tra di loro interstizi di forma e dimensione variabili. Il volume complessivo di questi spazi vuoti(o pori) presenti tra le particelle, rapportato in % al volume totale del terreno costituisce la porosità.
Questi spazi vuoti possono essere occupati da aria oppure da acqua e di conseguenza determinano:
- I movimenti dell’acqua nel suolo
- I movimenti dei gas
- La penetrazione delle radici
- La facilità delle lavorazioni del terreno
Densità assoluta e densità apparente. Come si misura la porosità
La porosità di un terreno si può misurare indirettamente partendo dai dati della densità assoluta(D) e della densità apparente(D’), ricavate da un’analisi del terreno oggetto di studio.
La densità assoluta o reale corrisponde al peso specifico, o più precisamente, alla massa volumica delle particelle solide di cui il terreno è costituito e si aggira tra i 2,6-2,65 gr/cm cubo. La densità apparente invece corrisponde al peso secco dell’unità di volume del suolo, spazi vuoti compresi. Quest’ultima comprendendo anche gli spazi vuoti, risulta ovviamente minore aggirandosi sui 1,2-1,6 gr/cm cubo.
La densità apparente delle terre sabbiose è maggiore rispetto a quella delle terre argillose. Questo fatto potrebbe risultare un po’ strano poiché solitamente, nella denominazione pratica, un terreno sabbioso viene detto leggero mentre uno argilloso viene detto pesante. E’ bene ricordarsi che questa terminologia si riferisce alla facilità di lavorazione e non alla densità.

Una volta trovati i dati riferiti alle densità si può trovare la porosità ricorrendo a questa formula:
P = (D-D’/D)x 100
In un terreno di medio impasto la porosità si aggira intorno al 50%
Problematiche legate all’ eccesso o alla carenza di acqua nei pori
Gli spazi vuoti quindi saranno occupati quasi totalmente da aria in caso di terreni secchi e in stato di siccità, o quasi esclusivamente da acqua in caso di terreni saturi in corrispondenza o a seguito di abbondanti piogge.
Ed è in questi spazi vuoti che l’acqua, l’aria, le radici e i microrganismi si muovono, si sviluppano e agiscono. La situazione ideale è quella in cui circa la metà dei pori sono occupati da acqua e l’altra metà da aria.
Un eccesso di occupazione dei pori da parte dell’acqua può portare a scarsità di ossigeno e conseguente “asfissia radicale” della pianta, mentre, dall’altro lato della medaglia, una carenza di acqua nei pori può comportare “stress idrico”.
Microporosità e macroporosità
Il valore assoluto della porosità non ha poi così molta importanza ma molto più significativa è la dimensione, la forma e la distribuzione dei pori. Ed è per questo che la porosità si divide in Microporosità e macroporosità.

La microporosità si riferisce al volume totale dei pori o interstizi aventi dimensione sufficientemente piccola (Ø < 9-10 micron) per trattenere l’acqua per capillarità, contrastando la forza di gravità (che spinge verso il basso l’acqua). Esprime, quindi, la capacità di un terreno di trattenere l’acqua.
La macroporosità invece si riferisce alla frazione di porosità avente dimensioni tali (Ø ˃ 9-10 micron) da non trattenere l’acqua per capillarità contro la forza di gravità.
Quindi l’acqua presente all’interno dei macropori viene, più o meno velocemente, rimossa dall’azione della forza di gravità che la fa percolare negli strati più profondi fino a giungere alle falde acquifere. Vedremo poi prossimamente come si rapporta la porosità con le diverse tipologie di tessitura dei vari terreni, ad esempio argillosi, sabbiosi o limosi
A cura di Lorenzo Piacenti